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Torre del Maschio di Volterra (PI)

STORIA
Il “maschio” della Fortezza “ nuova” di Volterra Opera prima (1472-1474) di Francesco di Giovanni di Matteo detto il Francione (1428-1495 – falegname, intarsiatore, mastro d’ascia, architettore fiorentino) e’ il simbolo della politica di egemonia della Repubblica Fiorentina sulla Città per il rafforzamento e il controllo dei confini dello Stato verso la Repubblica di Siena, nell’ambito della politica espansionistica di Lorenzo il magnifico a seguito della guerra detta dell’allume.

La nuova fortificazione laurenziana, adibita a carcere fin dai tempi del Magnifico, è a margine delle mura cittadine in un sito dominante la Città e le valli circostanti. Adiacente all’antica acropoli etrusca, poi romana, e’ collegata con un doppio recinto fortificato ad altre fortificazioni preesistenti e in particolare ad una torre inglobata in una “rocca”, al tempo della famiglia Belforti, poi ristrutturata con un bastione poligonale e una torre cilindrica adiacente alla porta a Selci, al tempo del Duca Gualtieri, Signore di Volterra nel 1342.

Nel 1472, dopo la conquista e il “sacco” di Volterra da parte delle truppe fiorentine guidate da Federico da Montefeltro, Duca d’Urbino, a seguito della guerra per il monopolio dell’allume, fu iniziata questa “fabbrica” secondo i “moderni” canoni dell’architettura fortificata detta poi di “transizione” dovuti all’uso delle prime artiglierie. La fortezza “nuova” ha una forma quasi quadrata con agli spigoli grossi torrioni cilindrici (“rondelle”) e al centro di essa, che la sovrasta, nel cortile interno, un grosso torrione cilindrico a mo’ di mastio (maschio o donjon). Le proporzioni della scarpatura e dell’elemento verticale sono completate nella sommità da un elegante coronamento a sporgere in mensole di arenaria e beccatelli in cotto ad arco ogivale per il camminamento di ronda con caditoie. Questo coronamento è presente nella parte attribuita al Francione, ma si sviluppa sia nella parte longitudinale sia nel perimetro della costruzione più antica (torrione rotondo interno al recinto e bastione poligonale esterno fino al perimetro della Città) dando una immagine di grande coerenza stilistica e omogeneità a tutto il complesso della fortificazione ancorché riferibile a tempi diversi.

I contenuti di forma e funzione di questa architettura fortificata del Francione (la forma quadrata, i grossi torrioni cilindrici agli spigoli, il mastio al centro del quadrato e il coronamento di ronda) oltre possibili riferimenti stilistici con altre fortificazione coeve, Ravenna, Imola, Pesaro, Senigallia, Urbino, San Leo, non necessariamente conosciute direttamente dal Francione, rispecchiano la cultura fortificatoria dell’epoca, teorizzata e attuata nell’Italia Centrale, a Siena con Vecchietta e Francesco di Giorgio Martini e ad Urbino con Luciano Laurana.

L’apporto delle conoscenze trasmesse nel progetto del Francione dal Duca di Montefeltro e l’applicazione massiva, in via sperimentale, delle archibugiere (o bombardiere) all’interno (troniere a cielo chiuso) e all’esterno (sugli spalti nei camminamenti) delle murature della “fortezza nuova” per risolvere i problemi della difesa radente sulle cortine per l’inserimento delle artiglierie (archibugi, spingarde, bombarde, etc.), costituisce un modello inesauribile di esperienze e un preciso punto di riferimento per le future fortificazioni realizzate negli anni a venire.

Le bocche di volata a chiave rovesciata inserite nella muratura sono in funzione di una particolare artiglieria, legata con canapi su cavalletti di legno e a canna lunga, caratteristica dell’epoca.

Le esperienze degli artisti che appartenevano alla bottega del Francione: da Giuliano da Maiano (Montepoggiolo) a Baccio Pontelli (Ostia) da Francesco d’Angelo detto la Cecca (Ripafratta e Sarzana) a Luca del Caprina (Sarzana, Verruca) fino alle molte esperienze dei fratelli Antonio e Giuliano da Sangallo (da Brolio a Poggio Imperiale a Poggibonsi, a Castrocaro, fino alle difese per l’assedio di Firenze del 1529), rappresentano, insieme con le opere dell’”architettore fiorentino” (Colle val d’Elsa, Pietrasanta, San Gimignano, Sarzanello), la rappresentazione della massima creatività del periodo in funzione ad un diverso sistema di fare architettura fortificata con la presenza massiva delle artiglierie.

Sin dai tempi di Lorenzo il Magnifico, del Savonarola, poi con la Repubblica del Soderni, quindi con il ritorno dei Medici a Firenze nonchè durante il potere dei vari Granduchi fino all’Elettrice Palatina e in seguito con i Lorena e infine con lo Stato Italiano, prima come Regno Sabaudo e poi come Repubblica Italiana, la fortezza di Volterra è sempre stata adibita a “carcere” e pertanto mai aperta al pubblico.

Dopo 542 anni, a completamento di lavori di recupero funzionale e formale della parte centrale, maschio e suo cortile interno, questa famosa architettura fortificata viene riaperta al pubblico come straordinario esempio culturale di architettura rinascimentale specialistica.

A seguito di alcuni saggi conoscitivi effettuati sulle cupole interne del mastio ai vari piani è emersa la presenza di cupole emisferiche realizzate con maestranze dell’Opera del Duomo di Firenze nei primi tre piani, compresa la cisterna posta sotto il piano di campagna, totalmente in mattoni senza carpenteria di centina, (autoportanti), con il sistema del cono di rotazione mobile a spina pesce (alla fiorentina) senza cervello di chiusura della struttura di copertura, così come era stata costruita la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze da Filippo Brunelleschi.

Nei primi tre piani fuori terra sono state lasciate visibili le volte (calotte) sferiche ribassate in mattoni faccia vista e nelle pareti è stato realizzato un intonaco “militare” a rinzaffo. Nell’occasione è stato ripristinato il camino esistente a piano terzo in pietra serena, così come i lavabi presenti al piano secondo e terzo. È stato ripristinato l’originale sistema di sollevamento idrico ai vari piani: dall’ultimo -presenza di una nicchia-puleggia- fino al pozzo-cisterna al piano interrato.

Tale recupero è stato possibile ottenerlo a seguito dell’assenza di lesioni nella muratura a mattoni pieni originali, che compongono il cavedio verticale. È stata consolidata e recuperata la scala a chiocciola in pietra “panchino” di Volterra mediante la sarcitura delle lesioni con malta di calce. Sono state riaperte le bombardiere e archibugiere interne ai vari piani. Nel complesso è stata applicata la metodologia di mantenere le caratteristiche stilistiche, formali, materiche, cromatiche esistenti, con gli apporti avvenuti in varie epoche, in modo tale che l’aspetto originale del Maschio rimanesse presente, evidenziando solo le parti ove sono stati eseguiti alcuni interventi.

Sono inoltre state ripristinate nel cortile del Maschio alcune nicchie esterne, sistema di contromina e nel cortile al forno è stata ripristinata la fruibilità del collegamento tra questo spazio e l’esterno attraverso il ripristino della porta di soccorso preesistente.

Prof. Domenico Taddei